Un’assenza

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Ai titoli di coda, come al solito, sono rimasto seduto. Ci è voluto poco per restare solo in sala, erano tutti capitati lì per caso e, appena finito il film, si sono volatilizzati.
Mi sono alzato con calma, a titoli quasi finiti, e ho aperto la porta, mi sono girato ancora verso lo schermo, verso la sala vuota, prima di richiuderla, e sono uscito con la stessa voglia con cui lascio il letto al mattino dopo la sveglia.
Ed è lì che è iniziato il silenzio.
Non un silenzio qualsiasi. Un silenzio chiaramente avvertibile, percepibile, tangibile.
Sono entrato in auto, direzione casa. Insieme a quel silenzio. È entrato in auto e mi ha accompagnato per chilometri.
A metà strada, però, si è interrotto. È suonato l’allarme che segnala il mancato uso della cintura di sicurezza del passeggero alla destra del guidatore.
In quel momento, sovrappensiero, mi sono girato e ti ho parlato, no, non ho parlato, ho immaginato solo di parlarti: “ti sei seduta di nuovo in quel tuo modo magico che non fa suonare l’allarme?”. Te lo ricordi, no? Dimenticavi di allacciare la cintura ma riuscivi a sederti, non si sa come, senza far suonare niente. Ma poi, durante la marcia, bastava che ti muovessi un poco e io trasalivo. E ridevamo.
Era solo la busta di carta con i libri che si era spostata sul sedile.
E tu non c’eri.
Ho risistemato la busta e sono tornato a concentrarmi sulla strada.
L’allarme ha smesso di suonare.
Ma il silenzio non è ritornato.

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